20.11.09

Olive a pioggia


Premessa: Quando ero piccola c'era un gioco da tavolo, il "Memory", composto di immagini che - mi rendo conto ora - m'hanno segnato per sempre. Tanti cartoncini quadrotti doppi da riconoscere e ritrovare sul tavolo in cui erano diligentemente sparsi.
N
el mio di Memory niente puffi o fatine, era tematico "da grandi": tutto sull'ITALIA ei suoi simboli (di allora). Fotografie grigette che simulavano merletti di Burano e spaghetti all'italiana, con la stessa funerea luce, come l'abnorme massa di spaghi bianchi ammollati con un cappellino rosso di sugo tirato direttamente giù dalla bottiglia.

Ci avrò giocato così tanto che tutte quelle immagini sono rimaste impresse in me come l'"idea platonica" di quel certo cibo/oggetto/monumento/luogo italiano...

Ecco, per me le olive sono state sempre e solo quelle fotografate su una coppia di quei cartoncini...

Non erano le sugose saporite olive che appaiono sulla tavola di casa; erano confetti verdi e neri opachi, succulenti quanto una biglia. Sarà per questo che non le ho mai considerate più di tanto.
L'imprinting nella memoria (è proprio il caso di dirlo), era avvenuto e non mi aveva mai lasciato.

In questi giorni però il momento della riappacificazione è arrivato.


Assistevo alla nascita dell'olio nuovo presso un Oleificio del Piceno, in cui diversi agricoltori della zona portano le loro olive, e assistono al lavoro di estrazione dal primo all'ultimo minuto: da quando ancora sostano nelle grandi cassette colorate, passando per la scelta fin al momento in cui l'olio si versa come fontanella dorata nel grande secchio di latta.

E di otri ce n'erano a non finire, circondati dalle famiglie, gruppetti diversi, di eterogenea età.
Gli anziani signori che da decenni assistono alla stessa storia in questi mesi, aspettavano lì seduti sul proprio sgabello, vicino alle proprie cassette d'olive, nei pressi dei loro otri di latta, senza mai allontanarsi o perdere d'occhio un minuto di quelle lunghe ore di attesa e continuo lavorìo.


Come dei numi tutelari che controllano col pensiero tutto l'iter del lavoro, co
n la solita camicia, le stesse scarpe che sanno di terra, e quelle mani rugose scure dure e forti nella loro fragilità.

Io li documentavo e mai mi sarei aspettata che assistere a quel lavoro avrebbe rivalutato il mio rapporto con le fatidiche olive-memory.

Lì le olive diluviano.


Le sentivi fremere dall'enorme contenitore freddo che le tiene separate da qualche fogliolina qua e là. Ed eccole che cominciano a cadere giù in un nuovo pentolone, scelte e sfogliate, chicchi, gocce di nero e verde brillante, come uno scalpitìo di piedini o di pioggia battente.

Il vociare delle persone presenti sapeva parlare lo stesso linguaggio: un'orchestra che bisbigliava tutt'assieme, e assisteva alla nascita dalla terra - ché i macchinari a un certo punto non li vedevi più - di quella colata d'oro fuso.

Accadeva come qualcosa di sacro, e non era più difficile comprendere lo sguardo affascinato di quell'anziano signore di cui prima, con gli occhi azzurri appannati, e un sorriso estasiato, fiero del suo olio bello e vivido e profumato e tanto ne arrivava, avrebbe potuto farci il bagno come a una fonte di giovinezza.



(E in un angolino in disparte, qualche secchio di latta speciale: otri devote più che mai, messe da parte come un gioielletto di cui non far parola e di buon augurio...)


26.10.09

Il tempo del Rosso Conero

Al principio era questo, poi nel tempo questo, e infine questo.


Ieri, il momento arrivò.


L'Azienda Moroder si appresta alla vendemmia.

Io pronta qui a cogliere gli ultimi strascichi di sole, prima che quell'uva lassù, ormai famosa, seguita nei mesi nel suo crescere e colorarsi, venga tagliata e gettata nella cesta rossa con gli altri grappoli di Montepulciano.

Ricordo ancora quando due anni fa li conobbi e feci le mie prime foto, camminando con i tre uomini Moroder, Alessandro e i figli Marco e Mattia, tra i filari di viti immerse nell’aria del Conero che sa di ginestra e salsedine.

"Ogni canale percettivo se hai la fortuna di capitare presso l'azienda Moroder, sarà occupato da un sentire: il profumo della cantina antica e oscura dove riposa la riserva del Dorico, il Rosso Conero per eccellenza, i rumori della cucina del Ristorante Aiòn, in cui vino cibo e musiche dal vivo si tengono per mano e accompagnano il tuo beato e cosciente sprofondare tra gli effluvi gustosi di uva nera, le note vellutate di violoncello e pianoforte, e i caldi e mediterranei colori di piatti e tovaglie, e quadri alle pareti, in cui l’uva stessa è incorniciata, fatta parlare , declinata in tante diverse forme e apparizioni. Lì dentro segni il tempo, il bel tempo Moroder che passa, in cui nessuna arte è lasciata al caso, ogni espressione è coniugata col piacere del vino eccellente, dove tutti sensi vengono appagati, e cuore e anima. Puoi andartene da lì completo e sazio, con una ghirlanda attorno al collo di tralci e viti, con un ricordo semplice e perfetto, della bellezza meravigliata del primo acino colorato".
(Tratto da Racconti fotografici - Az. Agr. Moroder, per Paradise Possible)


E ora come (quasi) una brava vignaiola passeggio tra i filari con la fidata Flo al collo (la mia reflex, ndr, anche lei ormai ne sa di vigne vitigni e cantine!), con nozioni e lessico ad hoc che mi piace ripetere con loro.

Qui un assaggio di quei colori, di gesti, di persone che ridono e colgono, tra grappoli e pampini, in un arancio di fine ottobre, prima che il tempo dell'atteso degustare arrivi davvero.



(Presto on-line ail nuovo sito dell'Az. Agr. Moroder: www.moroder-vini.it)

L'Olio extravergine delle Regine


Trovarsi di fronte alla forza femminile incarnata da due sorelle che hanno fatto del loro olio un oro ultrapremiato in tutto il mondo, e che tutt’ora sono note come qulle che furono anni fa le prime imprenditrici donne delle Marche, non è cosa da poco.
Anche se ti ritrovi ad arrivare al loro Frantoio Gabrielloni sotto i merli della Rocca di Monte Fiore, nei pressi di Recanati, in una giornata di così tanta pioggia, che passeggiare nel loro uliveto immagini sarà un pantano di foto fangose.

Ma poi di fronte ad Elisabetta e Gabriella Gabrielloni capisco già dai primi minuti che non ci sarà da preoccuparsi, che tutto si fa, e che la loro storia “passerà” comunque.

E’ dipinta nei loro volti, come le sopracciglia si innalzano fiere e orgogliose, nelle espressioni nel loro muoversi e raccontarmi la loro impresa, umili e coscienti di tutto il lavoro compiuto, e checontina a compiersi, con la medesima energia per arrivare a quel traguardo.

“Brindiamo sorella!”


Le 5 gocce per il Laudato, un principe d’olio, un Re. E loro due grandi ed eleganti regine della terra.

Se quel bicchiere d’olio fosse stato uno specchio regale lo immagineresti come quello di una qualche potente regina malefica; invece no, ecco che riflette il volto, il sorriso divertito e ironico di due menti guizzanti, che senza timidezza ironizzano su loro stesse e si cedono a scatti scherzosi, mentre il prfumo meravigliosamente pungente inebria le stanze.
E questo concedersi senza esitazioni ai miei stessi scatti divertiti è proprio come quel rischiare, quel “proviamoci” che fa crescere un progetto, e lo fa riuscire così grande.


Guardi dentro il giallo che le rispecchia e intravedi che loro stesse dentro si stanno guardando, e il riflesso del loro riflesso pure si guarda.



Una comunione di sguardi e d’intenti, forza di volontà e un brio eccezionale, della coraggiosa storia che hanno scritto assieme e che ora si specchia nel calice d'oro dell’altra.


Rocca di Montefiore - Comune di Montefano(MC).
Tratto dal reportage fotografico "Il Frantoio Gabrielloni" per Paradise Possible.





3.7.09

La Rotonda che sta sul mare

Sentire i propri passi sul pavimento di quel luogo curvo come una chiocciola, immersi nel bianco che sprofonda e si innalza, nel fruscìo delle onde che rimbalzano sulla rotondità delle pareti di quell'edificio sospeso, è un piacere ineffabile.

Se pensi poi che attorno hai il mare di inizio estate, e la spiaggia dagli ombrelli appena chiusi perché ormai è il tramonto, e la gente, che se ne torna a casa con la pelle abbronzata o se ne va a gustare un vino bianco fresco, un Verdicchio appena stappato, il solo pensiero placa e rasserena tanti altri, e chiude il cerchio di quella Rotonda.

Prima sei lì a guardare il mare da sola, a ridere delle boe così vicine, e dell'ultimo bagnante col suo miglior bagno della giornata, in cui crede che il mare ora, sì, è tutto suo.

E poi tutt'un tratto la fiumana di persone che esce da quella chiocciola bianca, dalle scale, dalle sedie in fila, coi vestiti rossi che increspano l'aria, le giacche lasciate sullo schienale perchè ora si sta in camicia, ora si gode di ciò che si è parlato.

Moreno Cedroni, coi suoi ricci e i camerieri, incanta e diverte senza dire: lattine di spezzatino di tonno, ironicamente fast food ma tutt'altra eccellenza per le papille, abbandonate vuote e rimirate sui tavolini, vini bianchi che s'intonano col candore del luogo, e le membra rilassate di ognuno, sulla ringhiera della Rotonda come gabbiani, sulla sedia trasparente come il mare, sotto la luna che fa ora capolino, ora che arriva la notte, e limone e zenzero dissetano l'aria.

(Rotonda di Senigallia, Presentazione Progetto Stl "La Marca Anconetana" - 2 Luglio 2009)